sabato 20 dicembre 2008

IL PRESEPIO Dl GRECCIO

CAPITOLO XXX26122006087

466 84. La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l'impegno, con tutto lo slancio dell'anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo.

467 Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l'umiltà dell'Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.

468 A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore.

C'era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: "Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello". Appena l'ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l'occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.

469 85. E giunge il giorno della letizia, il tempo dell'esultanza! Per l'occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s'accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l'asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l'umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.

Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.

Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l'Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.

470 86. Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù infervorato di amore celeste lo chiamava "il Bambino di Betlemme", e quel nome "Betlemme" lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva "Bambino di Betlemme" o "Gesù", passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole.

Immagine-1 050 Vi si manifestano con abbondanza i doni dell'Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l'avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.

471 87. Il fieno che era stato collocato nella mangiatoia fu conservato, perché per mezzo di esso il Signore guarisse nella sua misericordia giumenti e altri animali. E davvero è avvenuto che in quella regione, giumenti e altri animali, colpiti da diverse malattie, mangiando di quel fieno furono da esse liberati. Anzi, anche alcune donne che, durante un parto faticoso e doloroso, si posero addosso un poco di quel fieno, hanno felicemente partorito. Alla stessa maniera numerosi uomini e donne hanno ritrovato la salute.

Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra il presepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesa ad onore di san Francesco, affinché là dove un tempo gli animali hanno mangiato il fieno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell'anima e santificazione del corpo, la carne dell'Agnello immacolato e incontaminato, Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infinito ha donato se stesso per noi. Egli con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna eternamente glorificato nei secoli dei secoli. Amen.[...]

venerdì 12 dicembre 2008

8 dicembre, festa dell’Immacolata

“Ave, signora, santa regina, santa Madre di Dio, Maria” (F.F 259)

Grande era la devozione di Francesco alla nostra Madonna, alla quale affidò in modo particolare l’Ordine.

“Francesco circondava di un amore indicibile la Madre di Gesù, perché aveva reso nostro fratello il Signore della maestà. A suo onore cantava lodi particolari, innalzava preghiere, offriva affetti tanti e tali che lingua umana non potrebbe esprimere. Ma ciò che maggiormente riempie di gioia, la costituì Avvocata dell’Ordine e pose sotto le sue ali i figli, che egli stava per lasciare, perché vi trovassero calore e protezione sino alla fine.

Orsù, Avvocata dei poveri! Adempi verso il tuo ufficio di Protettrice fino al tempo stabilito dal Padre. (F.F786).

Anche nella nostra Chiesa dedicata a Francesco è sempre stata molto viva la devozione a Maria. D'altra parte nella famiglia francescana è sempre stato vivissimo l'amore a Maria, contemplata nella sua "innocenza" donatale da Dio. Pensiamo per esempio a san Massimiliano Kolbe. Nella cappella di destra, dove sono stati restaurati recentemente i dipinti di S. Paolo, S. Pietro e i quattro Evangelisti, si trova una statua dell'Immacolata che il caro p. Giacomo Lanteri aveva fatto ripulire, collocando anche ai piedi della statua lo stemma francescano. Questo era stato ritrovato per caso nel boschetto del convento, accanto al berseau che i terziari stavano ristrutturando. Durante le feste dedicate a Maria, i fedeli e i francescani tutti presenti in valle, si sono sempre ritrovati all’altare di Maria per celebrare le lodi, il rosario a Maria Vergine e Madre, rispondendo all’invito di Francesco di amare con indicibile amore la Madre di nostro fratello Gesù e di sentire la sua materna protezione.

lunedì 8 dicembre 2008

silenzio e preghiera

Se prendiamo come nostra guida il più antico libro di preghiera, il libro dei Salmi, notiamo due principali forme di preghiera. Uno è un lamento, un grido di aiuto. L’altro è di ringraziamento e lode a Dio. Ad un livello più nascosto c’è un terzo tipo di preghiera, senza domande o più esplicite espressioni di lode. Nel Salmo 131, ad esempio, non c’è altro che tranquillità e fiducia: “Io sono tranquillo e sereno … spera nel Signore, ora e sempre.”

A volte la preghiera diventa silenziosa. Una tranquilla comunione con Dio si può trovare senza parole. “Io sono tranquillo e sereno come un bimbo svezzato in braccio a sua madre” Come un bambino soddisfatto che ha smesso di piangere ed è nelle braccia della madre, così può “stare la mia anima” in presenza di Dio. La preghiera allora non ha bisogno di parole, forse neppure di pensieri.

Rimanendo nel silenzio, confidiamo e speriamo in Dio. Un salmo ci suggerisce che il silenzio è perfino una forma di lode. Siamo soliti leggere all’inizio del Salmo 65: “A te si deve lode, o Dio”. Questa traduzione segue il testo greco, ma effettivamente il testo ebraico dice: “Il silenzio è lode a te, o Dio”. Quando le parole ed i pensieri si fermano, Dio è lodato in un silenzio di stupore e ammirazione.

ecco alcune proposte che partono dal convento di Susa e arrivano a tutti voi: il sabato del silenzio!

sabato 13 dicembre 2008

Il luogo sarà il Centro Beato Rosaz, via Madonna delle grazie, 4 Susa

E' possibile arrivare al Centro già alla sera del venerdì